Cultura. “Ritorno al sud” di Veneziani e il meridione profondo tra sole e comunità
Pubblicato il 17 novembre 2014 da Ferdinando Parisella
Categorie : Cultura
Tanti sanno della mia passione per il mare, qualunque sia, dovunque sia. Sopra e sotto. Calmo, agitato o ventoso. Il mare, da dove credo noi arriviamo. Ed allora parto, con altri amici appassionati come me, per l’Egitto con destinazione due punti sperduti nel Mar Rosso, le Brothers e Daedalus, quasi a metà strada tra l’Arabia Saudita e l’Egitto a circa 90 km dalla sua costa. L’unica cosa affiorante, fuori dall’acqua, sono due fari alti circa trenta metri, costruiti nell’ottocento dagli inglesi, allora padroni di quei mari, oggi abitati da soli 4 soldati egiziani che rimangono lì in turni di sei mesi. Soli, in un faro con solo mare e squali intorno. Parlo del Mar Rosso verso il confine del Sudan. Zone di mare che ho già esplorato più volte, compreso il Sudan dove Cousteau nel 1964 sperimentò, per primo, la vita permanente sotto il mare.
Sud, profondo sud, Sudan, direzione verso sud, cosa c’era di meglio se non farmi accompagnare da Marcello Veneziani con il suo saggio “Ritorno al sud”, edito in Oscar Mondadori. Un viaggio lungo di ore e ore di navigazione, senza mai scendere a terra, inframezzato da tre impegnative immersioni al giorno, tra squali di tutti i tipi, martelli compresi, mante, tonni e quant’altro di pelagico il mare ci offre, insieme a telecamere e macchine fotografiche subacquee, per poi risalire a bordo dove i cellulari finalmente inservibili, consentono di tornare alle letture, ai pensieri lunghi, distratti solo da tramonti e vento di nordest.
Dice, vabbè ma Veneziani che c’entra? Eccome se c’entra, basta iniziare a leggere per ritrovarsi calati nel suo Sud, pugliese di Bisceglie, come pugliese mia madre di Lucera e rivivere le stesse sensazioni, abitudini, vite, che oggi fai fatica a ritrovare ed a spiegare ai più giovani. Ed ecco l’infanzia, la sua come la mia, “come una preistoria”. Il ritorno che è anche passato,”…il passato è la cassaforte dell’anima…chi ricorda il suo passato, ricorda anche il tuo.” Appunto anche il mio. I lambasciun, o come diavolo si scrivono. I troccoli, idem. La celebrazione del sud, come sole, calore, vita, rilassamento, comunità. Tutti vanno verso sud, anche noi siamo andati a sud, un profondo sud, in un profondo mare.
Eppoi ti chiedi perché della distorsione di chi da quelle aree viene verso nord, un qualunque nord. Illusioni create da un mondo del nord, senza volto, senza confini, senza anima, che non ama, che sfrutta, che non distingue in verità tra nord e sud, sta ovunque. Eppure attrae. E così tutti abbandonano i “loro sud”, si omologano, diventano indistinti, si annacquano. Tutti meno alcuni. Che sono ormai tanti tra di noi, ma sono un corpo unico tra di loro. Noi, invece, gli annacquati che permettono a delle baldracche chiamate femen, ma femmine de chè, di oltraggiare il nostro mondo a San Pietro con i crocefissi nelle natiche. Altro che la bandiera dell’Isis. Ecco il nostro nord. Come faccio a non ripensare al mio sud, al mio sud dell’anima e dei sapori. Ora, se volete, compratelo e leggetelo, vi farà scoprire cos’era “la controra, regina dell’estate”. E fatelo senza puzza sotto il naso. Chiaro?
Ferdinando Parisella, sempre più lacustre come base, ma sempre e solo marino
in tutto e per tutto.
@barbadilloit
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